Sembra
passato un secolo da quando andavo, da piccola, a trovare mia nonna.
Ancora
mi ripenso e mi rivedo dietro quegli occhiali sulla punta del naso, il mio
sguardo scrutava sempre al di sopra di essi. E pensare che ridevo, il sabato
sera, quando mi toccava di fare il bagno e la mamma mi faceva mettere nella
tinozza: mi dimenticavo sempre di toglierli, perché ormai facevano parte di me.
Poi
il pigiama, cenavo in fretta, perché c’era Canzonissima e con essa sprofondavo
in fantasie senza tempo, in musiche e parole, da riproporre alle amiche con un improbabile
microfono.
Col
pensiero mi sento ancora dentro di me e mi rivedo quando da bambini facevamo
fatica a camminare, tanto il correre apparteneva alle nostre gambe in
calzettoni.
Viaaaaaa!!!
All’attacco giù per i vicoliiii!!!
A
quei tempi nessun genitore temeva che il proprio figlio girasse per il paese
senza un adulto come scorta: l’importante era rispettare l’orario di rientro.
Noi
bambini eravamo i figli di tutti, era come se mamma o papà avessero braccia
lunghissime e pure le gambe, tant’è che ti beccavano se combinavi qualcosa e lo
facevano con gli occhi e il rimprovero di qualcun altro genitore che si trovava
sempre fra te e il misfatto, o fra te e l’irrinunciabile, la seducente
imprudenza.
Poi
c’era quella volta che sceglievo di andare a trovare nonna Felicina…
La
mia nonna, come tutte le nonne portava un fazzoletto in testa, spesso nero. Mai
una volta che l’abbia vista uscire
senza.
Che
darei per riaverla vicino e sentirla raccontare!
Il
suo corpo era ricurvo, rinsecchito dagli anni e dal lavoro, ma la sua mente era
quella di una splendida ragazza, tanto caparbia quanto pulita nell’anima.
I
suoi racconti erano la sola cosa che riusciva a fermare la mia giovane
frenesia,
le
sue cose, un mondo da rispettare e scoprire.
Non
ce la facevo a pensarla come una mamma, lei per me era una nonna e basta e quando
mi raccontava la sua vita ricominciavo a guardarla da sopra gli occhiali e mi
fermavo.
Da
quei racconti mi immaginavo una esistenza senza fine , che attraversava un
tempo indefinito, presente nel suo cuore e nelle sue mani, testimoni reali di
tutte le sue fatiche e di tutte le sue speranze. Quello che mi stupiva era il
suo essere tenera e nello stesso tempo forte e decisa. Doveva averne passate
tante la mia nonna, ma non l’ho sentita mai lamentarsi, piuttosto era felice di
ricordare, con il sorriso, i momenti più
sereni e quelli più divertenti.
La mia nonna era come tutte
le nonne, una fata dalle mille magie di vita, sotto mentite spoglie di fragile
vecchietta. ( nella foto: nonne al mare )
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