Come
Mary P. ogni anno, o dopo un tempo determinato, come si legge dai miei
innumerevoli contratti, devo lasciare i bambini, tenendomi stretta la speranza
di aver donato loro qualcosa con cui crescere, essere più felici e pensanti.
Da
loro ricevo sempre molte verità su di me, anche se, ormai, con più che una
buona manciata di anni in tasca, mi conosco abbastanza.
Così
ogni volta che lascio i bambini perché “il vento è cambiato”, mi ritrovo spesso
a non doverlo dire, a non poterli quasi salutare, per non tradire i discorsi
iniziati, le risate, i battibecchi, le ore passate insieme e la loro richiesta
di continuare.
Per
fortuna che i piccoli sono più bravi di noi a voltare pagina e poi per loro la
vita è una continua scoperta, un susseguirsi di novità. Mi dimenticano presto.
Ed
io me ne vado seduta su una nuvola, con il cuore riscaldato dalla loro "tenerità"
e con la speranza che in un piccolo attimo della loro vita futura potranno
ritrovar un po’ di quello che con tanto amore ho ragionato insieme a loro,
qualcosa o poco più, ma, vi assicuro, curato con molta onestà.
Ogni
anno provo a vestire i panni di Mary P. cerco di sentirmi come lei, pronta a
ricominciare altrove, dove c’è bisogno, per darmi quella dignità che lo Stato in
cui vivo non mi riconosce.
Ma
vi confesso che la passione per il mio lavoro e la mia anima non accetteranno
mai di sentirsi chiamare precari.
Dobbiamo avere una miniera di zucchero dentro di noi per fare andare giù tutte le pillole che ci tocca ingoiare.
RispondiEliminaL'importante è non perdere l'immaginazione e il ricordo di tempi migliori.
...e non dimentichiamo l'onestà ed il dialogo.
EliminaGrazie per i tuoi commenti, Giorgio dal blog colorato!