
La strategia della tensione, la mafia e la scuola pubblica
di Gennaro Carotenuto
La strategia della tensione, come la criminalità organizzata, non
è la patologia della politica italiana ma n’è la fisiologia. In Italia, quando
la politica (intesa come contiguità e reciprocità di favori tra partiti,
apparati dello stato, classi dirigenti, criminalità organizzata, eversione) non
sa più come contenere il cambiamento necessario, utilizza altri mezzi, da
Portella della Ginestra a Piazza Fontana ai Georgofili. Ed è una storia che si è
ripetuta oggi a Brindisi sulla porta della scuola dedicata a Francesca Morvillo
Falcone.
Oggi sotto i nostri occhi si è palesato non un salto all’indietro
ma un passaggio lineare, tradizionale, di una continuità nera nella quale si usa
sistematicamente il terrorismo per stabilizzare. Una classe politica al minimo
storico di legittimità –di fatto illegittima e commissariata con Mario Monti
dalla Banca Centrale Europea- unito al fallimento del modello economico vigente,
che sta impoverendo brutalmente quei ceti medi che avevano sempre garantito il
consenso del sistema, non riesce più a garantire i propri referenti. Suona una
campana a morto e sembra di rivedere Salvo Lima che corre per sfuggire ai
sicari. Si organizza una marcia per la legalità e una classe dirigente
parassitaria e intrinsecamente contraria alla legalità, si rifugia di nuovo
nelle trame nere. Ancora ieri il partito dei Dell’Utri e dei Cosentino si
opponeva con forza ad una banale ed insufficiente legge anticorruzione. Troppo,
al culmine della peggior crisi economica della storia repubblicana. Solo se
spaventato a morte il ceto medio potrà continuare ad abbassare la testa e
garantire un consenso per sostenere il quale non basta più il Grande Fratello
televisivo del ventennio berlusconiano.
La mafia, la mafia da sola non può essere, perché la mafia, le
mafie, da sole in Italia non sono state mai, dal delitto Notarbartolo a Capaci.
Come per via D’Amelio spunta sempre un uomo nero defilato nella foto di
famiglia, una mente raffinata in grado di calcolare i pro e i contro. La
chiamano criminalità organizzata ma sarebbe la prima volta nella storia che dei
criminali colpiscono la scuola pubblica, più di ogni altro il simbolo
dell’integrazione, dell’inclusione, del progresso. Veniamo da lunghi anni nei
quali la scuola pubblica è stata sistematicamente denigrata e asfissiata
rendendole ogni giorno più difficile compiere la propria missione di democrazia.
Adesso passano alle bombe. E in questa temperie culturale non sembra un caso la
scelta dell’obbiettivo. Melissa Bassi, l’adolescente assassinata, era
rappresentante degli studenti in una scuola premiata per la sua lotta per
l’educazione alla legalità. Melissa si educava alla democrazia. Chi l’ha
colpita ha voluto colpire la democrazia rappresentata dalla scuola
pubblica.
La stampa di regime è costernata dall’emersione della realtà sulla
storia criminale della Lega Nord e si domanda chi rappresenterà adesso il Nord.
E il Sud chi lo rappresenta? La scuola lo rappresenta il Sud! La forza degli
insegnanti e degli alunni, la forza dello studio che crea coscienza civile,
libertà, democrazia laddove (diceva Antonino Caponnetto) “la mafia ha più paura
della scuola che dei giudici perché prospera sull’ignoranza della gente e sui
bisogni della famiglie”. La nuova strategia della tensione ha scelto la scuola
pubblica come simbolo per evitare il cambiamento necessario. Ai democratici
resta tanto più il dovere di difendere la scuola pubblica, il cuore pulsante
della democrazia.
Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it
Sabato 19 Maggio,2012 Ore: 16:25 |
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