Scoprire, con cadenze
distratte e vere,
che le mani sono portatrici
di senso
ogni volta che sfioriamo, impugniamo
o accarezziamo parti di natura e
ne saggiamo il contatto.
Foss’anche un sasso, la non
vivente acqua,
il caldo ventre di un
cucciolo,
abbiamo, in verità, bisogno
costantemente di toccare.
Gesti che non hanno tempo e
che si ripetono nel tempo
per ritrovare, ogni volta, la
nostra identità umana.
Le nostre mani ripercorrono
il senso del vivere,
unendosi con ciò che non
si crea,
ma ci è dato;
esse ci offrono un
piccolo posto nell’universo.
Ma dove i luoghi
dell’arbitrio spingono il contatto
oltre il rispetto e la cura,
si
guadagna solo pietà e perfetta finitezza
oltre il rispetto e la cura,
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